Il nuovo lavoro firmato Marius Quintillus porta avanti un discorso sonoro sperimentale ma concreto nel destrutturare forme compositive in cerca di lucidi approdi intellettuali
C'è da prestare reale ascolto e partecipazione cerebrale attiva per provare almeno ad avvicinarsi all'idea di realtà portata avanti attraverso il dato musicale da Marius Quintillus, artista sonoro di cui non è dato conoscere altro se non il nome segnalato e la provenienza capitolina, personalità più o meno coscienziosamente capace di fare del suono più apparentemente comune qualcosa di comunicativo anche oltre il dato sonoro stesso e, al contempo, di mantenere una godibilità strategicamente invasa da impulsi ideologici e concettuali per la conformazione di una forma compositiva tanto libera da schemi quanto artefice di una saggia derisione di quelle stesse strutture.
Lavoro quasi interamente strumentale – le uniche parole non sono autografe ma prese in adozione da eminenze di settore e deliberatamente decontestualizzate a proprio uso e consumo; ogni riferimento discorsivo e concettuale, da par suo, è desumibile unicamente attraverso la singolarità insita nei titoli dei brani – il nuovo album Disequazioni centrifugali – così come praticamente l'intero progetto dell'artista in questione – ha un che di perturbante nel suo sciorinare aperture di sipario in scia swing-funk virtuosisticamente pianistiche ma nell'ottica di un mood focalizzato alla preparazione di territori ben più avventurosi in termini strutturali (Lapalissiana corta memoria), così come meno sperimentali ma comunque idealmente spossanti sono le diramazioni pseudo soul-rock-blues invase da splendide fattezze quasi new age per stranianti cambi di stazione radio virtuale (Abigaille).
Ma ecco entrare in circolo i primi spunti spettrali di recupero passato ma tutt'altro che passatista (lo 'scat' di Lucio Dalla sui deliri fiatistici prossimi al free di Relax e – appunto – Dalla, vero e proprio fantasma che viene in sonno a ricordare lezioni apprese ma mai definitivamente assorbite dall'epidermide intellettuale) orientati verso ruvidità flanger di spiazzanti riff space-heavy-rock (Bile), ideologie post folk-blues originarie in salsa (stavolta sì) demenzial-malinconica (Strimpellata comunista) e puro sperimentalismo da collage per montaggi concettuali che si ispirano a (e prendono letteralmente in prestito) figure maestre nostrane rendendole monito supremo per chissà quali accortezze di avvedutezza esistenziale (Attenti alla gravità permanente).
Il risultato è un disco folle ma lucidissimo nel suo avanzare un preciso punto di vista sull'essere vivi, in qualche modo, qui e ora in un oggi cristallizzato in un passato che lascia intravedere platonicamente indistinguibili ombre di futuro da interpretare a seconda delle proprie speranze di sopravvivenza, più che di realizzazione.
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La recensione Disequazioni centrifugali di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2023-04-23 22:39:48
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