Il nuovo percorso del duo Messere/Anelli evolve il discorso stilistico sposato con la precedente ragione sociale e intraprende un cammino parallelo in cerca di evoluzioni personali
Messo momentaneamente in pausa il progetto indie-dark Ostara's Bless, Paolo Messere e Matteo Anelli decidono di aprire il sipario su una nuova ragione sociale, The Big Self, mantenendo l'aspetto oscuro ma orientando il tutto verso diramazioni che prediligono un maggiore uso delle strumentazioni elettroniche.
Ne emerge un omonimo album di debutto carico di pathos e capacità attrattive, a tal punto da collocarsi difficilmente sugli scaffali etichettati dell'odierna esigenza di archiviazione produttiva pur mantenendo una forma e una sostanza non lontana da qualcosa di già sentito ma – ed è questo il pregio maggiore – abilmente capace di ritagliarsi cunicoli di identità individuale di tutto rispetto e imprescindibili per portare avanti un progetto ricco di riferimenti da coniugare in maniera quanto più personale possibile.
The big self, dunque, apre le danze su parvenze synth pop che mostrano subito luminescenti anfratti di caparbietà elettro-wave di stampo nostrano e di derivazione '80 (Neon su tutti nell'apertura di Defenseless) che non si perdono in chiacchiere quando necessitano di accorati approfondimenti dai tratti sovrannaturali e dalle sinuosità evanescenti un po' alla Depeche Mode più dark del dark (I'm empty of ego).
Molto interessanti anche le conseguenti derive elettro-minimal più in formato canzone ma sempre sulla scia di destrezze emozionali non seconde a nessun grande nome internazionale ancora in circolazione (I free you), così come notevoli sono le incursioni etno-free a metà via tra Peter Gabriel e David Sylvian in diramazione sperimentale (Among galactic ghosts ma ancor di più The snakes of the islanders) anche quando rientrano tra i tranghi synth pop con intenzioni stranianti (On the thread of red passions), pur mantenendo quell'indispensabile alone di oscurità da tunnel esistenziale senza miraggio di uscita (Only love makes people unique and united) coadiuvato da avvolgenti approdi Enigma-Jarre di considerevole impatto sostanziale (Victim of my own mystery).
Per quanto possa sembrare di trovarsi dinanzi a un album di non semplicissima ricezione (e in parte è vero), il consiglio è quello di non lasciarsi sfuggire l'occasione per lasciarsi ammaliare, in realtà, da un affascinantissimo invito a una perdizione di sensi rivolta non a un'estinzione di personalità, bensì a un rinnovo salvifico di anima, mente e corpo attraverso continue e incessanti fluttuazioni animistiche.
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La recensione The Big Self di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2023-05-23 17:54:36
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