Un concept album ad alto tasso di rock, che si spinge negli oscuri anfratti delle nostre pulsioni e paure
Amore, invidia, paura e curiosità. Sono questi i vizi e le virtù che impregnano Tales From the Rabbit Hole, il primo album degli Sharasad. Anticipato dai singoli Obsidian Chase e Odysseus, l'esordio discografico del quintetto originario di Modena si addentra in un'oscura "tana del Bianconiglio" popolata dalle pulsioni e debolezze che si annidano negli anfratti più reconditi dell'animo umano.
Un racconto che, proprio come in un sogno, copre con le sue otto tracce le "canoniche" ore di riposo: dall'assopimento tra le braccia di Morfeo al risveglio. In questa dimensione onirica, perfettamente parallela alla realtà, suoni e parole prendono vita, antropomorfizzandosi in personaggi capaci di simboleggiare le tante, limitanti debolezze che ci fanno schiantare contro l'ineluttabilità di un destino che sta al di sopra di tutto e di tutti.
Da inquietanti creature affamate di sogni e pensieri, specchio della nostra eterna insoddisfazione (Von Vayld, the Mind Drinker) alla cronica invidia verso i successi altrui (Horror Vacui), passando per la logorante monotonia della vita quotidiana (Decatoria) e le estreme conseguenze dovute al nostro costante "seguir virtute e canoscenza" (Odysseus), l'opera prima degli Sharasad è un viaggio tra figure, vicende e sensazioni costantemente in bilico tra epicità e terrore.
Criptici contenuti, trasformati in musica attraverso arrangiamenti che guardano in faccia allo stoner e all'alternative rock di band come Queens of the Stone Age, Royal Blood e Muse, grazie a strumentali basate su monolitici riff di chitarra che dialogano con altrettanto solidi groove di basso e batteria.
A parte un cantato in inglese un po' troppo "italico", con una pronuncia che necessita di una "sciacquata di panni nel Tamigi", Tales From the Rabbit Hole resta comunque un disco ben fatto, grazie a un'attenta produzione in studio che valorizza arrangiamenti che veicolano in maniera naturale il pathos che i suoi otto brani cercano di evocare.
Con questo loro esordio, gli Sharasad si dimostrano una band di grande inventiva, capace di creare uno pseudo-concept album che, ruotando attorno a concetti tutt'altro che banali, riesce a farci fare headbanging a ritmo di musica rock. Un lavoro tamarramente intellettuale che troverà sicuramente un'ulteriore profondità in un futuro contesto live. Concerti che non vediamo l'ora di assistere pogando sotto al palco.
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La recensione Tales From the Rabbit Hole di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2024-10-18 00:00:00
COMMENTI (2)
"Sciacquata di panni nel Tamigi" e "Tamarramente intellettuale" voglio tatuarmeli, sono bellissimi
Grazie Luca, cercherò di migliorare sull'inglese
Finalmente il primo album... che bomba!!!!