Yasmina mescola r'n'b, trip hop ed elettronica in una galleria emotiva dove fragilità e legami spezzati si riflettono su chi ascolta. Fino a svelare un’intimità che non chiede risposte
Chi sia questo Tony il cui nome spicca sulla copertina del disco, scritto in uno svolazzante corsivo sull'asfalto, non ci è dato saperlo. Yasmina non l'ha voluto spiegare nel lancio dell'album, forse per lasciare che rimanga così, solo un nome, che sarà poi chi ascolta a declinare come vuole. È un elemento di fascino enigmatico da osservare come se ci trovassimo a guardare da uno spioncino sfocato: dall'altra parte riusciamo a intuire le sagome, il contorno, ma il resto è qualcosa a cui siamo estranei. "Quello che c'era lo sappiamo noi, solo noi", dice con una punta di dolore profondo nella traccia d'apertura Ti volevo bene, ed è giusto che sia così.
Ciò che spiazza è come questi frammenti emotivi ci scheggiano il viso una volta fatto un passo dentro al mondo sonoro di Tony. Le 10 canzoni dell'album parlano di connessioni, o meglio, della loro assenza, di legami sbrindellati che si cerca di tenere insieme quando il mondo sembra ostinarsi a sparpagliarli ovunque. Quella sofferenza in apertura risuona ancora più forte nel brano finale, Enfant terrible, col cantato in francese e italiano di Yasmina ad affondare sulle note di un piano spettrale.
Nel mezzo ci si trova a percorrere una sorta di galleria del vento dei sentimenti, dove anche i suoni più sintetici scalpitano di una tensione emotiva che pulsa sotto la superficie: la produzione di Mark Ceiling e Arssalendo scorpora r'n'b, trip hop, elettronica, ma anche inaspettati sfoghi che passano dall'alt rock di Memento ai bpm cavalcanti di Clerks, per fare da amplificatore sensoriale del suo inconscio, in un turbine simile ai lavori della coreana Yaeji.
La voce di Yasmina segue una tratta sottilissima tra i ricordi ammorbiditi dalla nostalgia, dove poi è di nuovo la crudezza emotiva a venire allo scoperto. È un processo terapeutico necessario, aprirsi e mostrare la vulnerabilità più profondo perché questa non faccia più male, o almeno non così tanto. E ancora, è un mettersi a nudo dove noi, mentre cerchiamo di rimettere insieme i pezzi, di ricostruire le storie nascoste dietro a questi brani, finiamo poi per trovare i cocci di uno specchio che riflette solo sulla nostra vita. Resta così la sensazione di aver attraversato un sogno lucido, dove la verità nascosta - sempre che ce ne sia una - è solo sfiorata. E tanto ci basta.
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La recensione Tony di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2024-12-13 00:00:00
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