Una catarsi elettrica tra disillusione e memoria sonora.
Con Dio Solitario, i Nevecieca accendono un riflettore impietoso su una generazione alla deriva, intrappolata tra aspettative tradite e un cinismo che si fa autodifesa. Il trio varesino, nato nel 2020 dall'incontro tra Edward Virzì (voce, chitarra) e William Zangla (batteria), poi completato da Marco Saporiti (basso, tastiere), affonda le mani nel fango della disillusione con un brano che suona come un grido strozzato e, al tempo stesso, un atto di resistenza.
Il titolo, quasi un'ossimorica dichiarazione d’intenti, incarna il senso di isolamento di chi si scopre prigioniero del proprio risentimento, incapace di decifrare il fallimento se non attraverso la colpa altrui. Un “dio” senza fedeli, inchiodato all’amarezza del passato, che riflette l’angoscia di chi non riesce più a orientarsi nel proprio tempo.
Musicalmente, Dio Solitario è un muro di chitarre sature che risuonano come un’eco dai ’90, in un perfetto equilibrio tra attitudine garage e consapevolezza post-grunge. La matrice Verdena del primo periodo è palpabile, soprattutto nelle distorsioni liquide e nei climax in crescendo, ma i Nevecieca riescono a evitare il puro citazionismo, stratificando il loro sound con una ruvidità che richiama i Melvins più sfrontati e la malinconia abrasiva dei primi Pearl Jam. C’è anche qualcosa dei Marlene Kuntz di Catartica: la stessa urgenza espressiva, lo stesso nervosismo elettrico che non trova sbocco se non nella catarsi sonora.
Le liriche, asciutte e spietate, non lasciano spazio a facili consolazioni. Il giudizio è diretto, quasi spietato, ma dietro la disillusione si avverte una vena sotterranea di empatia. Perché la rabbia, in fondo, è il rovescio della speranza.
Se Dio Solitario è un pugno in faccia, è di quelli che risvegliano. Un brano che, in un’epoca di suoni levigati e ammiccamenti nostalgici, ha il coraggio di guardare negli occhi il proprio malessere senza abbassare lo sguardo. I Nevecieca non sono qui per fare da colonna sonora a un’epoca, ma per disturbarla. E questo, oggi, vale più di mille scorciatoie estetiche.
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La recensione DIO SOLITARIO di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2025-02-10 17:47:14
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