CòlgateOrrido2025 - Cantautoriale, Shoegaze

Disco della settimanaOrridoprecedente

Il disco d'esordio dei còlgate è il suono di una perenne caduta verso la fine dell'innocenza, emo-core strappacuore e sentimentale

Stare dentro all'orrido è una sensazione di perenne caduta, un brivido di terrore e allo stesso tempo di eccitazione verso qualcosa che è totalmente ignoto. Quando si sta dentro all'orrido sembra essere tutto lecito, purché si stia lontani dalle pareti. Si può fare un gran casino, sperimentare le possibilità della voce e sentirne l'eco, sentirne il vero suono senza il timore di essere origliati da orecchie indiscrete. Dentro l'orrido si può essere anche infantili, e persino incoscienti.

I còlgate nell'orrido hanno lanciato la propria musica, per bagnarla in acque profonde, per lavarla di incoscienza. Incoscienza che ha il suono della migliore unione tra pop e shoegaze, che deriva gran parte della sua carica emo dal lavoro dei Cosmetic, presa e riportata ad un livello base, ad un nuovo punto di partenza, dove i suoni degli strumenti, prima ancora di costituire un muro di suono, si palesano separatamente, ancora da amalgamare. Grezzi e spontanei come può essere solo l'adolescenza, o il suo ricordo.

Orrido è un disco che cerca di far chiarezza nei dubbi di una crescita spontanea e dolorosa. Comincia col suono che fa la noia quando batte sulle persiane, ossia quello delle chitarrine indie che si rincorrono a vicenda, ritagliando lo spazio per lasciar inserire la voce di Marta Granzotto. Narratrice dai toni lievi, nella title track comincia a schiantare le parole una dopo l'altra, lasciando nell'aria la sensazione che stiano uscendo da sole, attirate dall'ossigeno di un paesaggio rarefatto di metà pomeriggio.

Il gioco, che ai còlgate riesce abbastanza alla grande, è quello di creare movimento in continuazione, per riuscire a provocare un sincero stupore in chi ascolta. Si muove la quantità di suono nelle varie parti dei brani di Orrido, prima vuote e poi sempre più sature di distorsioni ed emozioni fortissime. Si muovono le parole nei versi delle canzoni, "Da quando ho smesso di girare e tutto è diventato lento"è un po' lo stralcio dell'angoscia che attanaglia questi quattro ragazzi e le loro vite messe in musica. Cambiando il ritmo si annulla quello che c'era prima, e forse è questo il solo modo per andare avanti, per sopportare le mancanze.

Non è un caso che nella straziante donnie, a un certo punto, faccia capolino il dialogo sulla solitudine tratto daLa messa è finita, uno dei momenti più strazianti del cinema di Moretti, ma forse del cinema in generale. Perché l'andarsene, e l'essere mandati via, hanno delle conseguenze ben più serie di quello che ci si aspetterebbe, e vanno cantati con la giusta dose di inconsapevolezza, affilando il suono degli strumenti per renderlo concreto all'inverosimile, col rischio di farlo spezzare. Ma soprattutto dipingendo melodie che non hanno paura di risultare barocche, dentro a un continuo tripudio di emo-core, sentimentale e disperato anche nell'omaggio. In questo continuo movimento i còlgate continuano a precipitare, e noi con loro.

---
La recensione Orrido di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2025-03-07 00:00:00

COMMENTI (1)

Aggiungi un commento Cita l'autoreavvisami se ci sono nuovi messaggi in questa discussioneInvia
  • AndreaZottino2 giorni faRispondi

    @gabvollaro Grazie per le parole misurate e per la bellezza di ciò che hai visto in ORRIDO