La malavita attacca... Il bradipo risponde!
Il bradipo è probabilmente l'animale più figo di tutti. Non ci credete? È un essere pacifico che scende dagli alberi solo per fare la cacca. Dorme 19 ore al giorno (quindi lo stress non sa neanche cosa sia) e la madre, una volta che il suo cucciolo è diventato grande, gli lascia "in eredità" l'albero su cui trascorrerà il resto della propria vita.
E una band che ha capito la coolness di questo vero e proprio hippie di Madre Natura sono i Waiting for the Sloth, band nata a Roma nel post-pandemia dall'incontro tra Alessio Cicconi (basso), Daniel Tremarelli (batteria), Gianluca Lisarelli (batteria) e Mirko Cicconi (flauto traverso).
Pubblicato in completa indipendenza, l'eponimo disco d'esordio del quartetto capitolino è infatti un vero e proprio omaggio alla proverbiale lentezza del bradipo. Un animale che ci insegna la virtù della pazienza, dell'attendere che le cose accadano senza forzare i tempi. Proprio come quando, in mezzo alle frenetiche modalità di fruizione "mordi e fuggi" alle quali le piattaforme di streaming ci hanno abituato, decidiamo di mettere sul piatto un disco e ascoltarlo dall'inizio alla fine.
Ma attenzione alle apparenze. Waiting for the Sloth è tutto fuorché un album flemmatico. Le undici tracce che compongono l'opera prima della band romana viaggiano come un treno a vapore in mezzo a sfaccettati groove di batteria, lisergici intrecci di chitarra e vertiginosi saliscendi in chiave di basso.
Un pot-pourri equamente bilanciato tra rock strumentale à la Calibro 35 (Alan è a pranzo e La basita), psichedelia (Samia) e funk (Latte Pastorius), il tutto condito da continui interventi di flauto traverso che aggiungo un piacevole retrogusto di progressive jethrotulliano (Un passo del mulo e Sangue nero della terra).
Waiting for the Sloth, grazie ai suoi ritmi tiratissimi e alla sua composizione rigorosamente strumentale, è un disco che sembra uscito dalla colonna sonora di un film poliziottesco la cui sceneggiatura è ancora nascosta in un cassetto a prendere polvere dagli anni '70. Un lavoro frutto dell'unione di intenti fra musicisti che alla sette note musicali (diesis e bemolle compresi) danno del "tu".
Undici brani capaci di rappresentare un ideale canovaccio per lunghe improvvisazioni e jam sul palco. Una dimensione, quella dal vivo, nella quale i Waiting for the Sloth hanno tutte le carte in regola per essere una piacevolissima scoperta.
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La recensione Waiting for the Sloth di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2025-03-19 23:41:43
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