Waiting for the SlothWaiting for the Sloth2024 - Rock, Progressive, Funk

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La malavita attacca... Il bradipo risponde!

Il bradipo è probabilmente l'animale più figo di tutti. Non ci credete? È un essere pacifico che scende dagli alberi solo per fare la cacca. Dorme 19 ore al giorno (quindi lo stress non sa neanche cosa sia) e la madre, una volta che il suo cucciolo è diventato grande, gli lascia "in eredità" l'albero su cui trascorrerà il resto della propria vita.

E una band che ha capito la coolness di questo vero e proprio hippie di Madre Natura sono i Waiting for the Sloth, band nata a Roma nel post-pandemia dall'incontro tra Alessio Cicconi (basso), Daniel Tremarelli (batteria), Gianluca Lisarelli (batteria) e Mirko Cicconi (flauto traverso).

Pubblicato in completa indipendenza, l'eponimo disco d'esordio del quartetto capitolino è infatti un vero e proprio omaggio alla proverbiale lentezza del bradipo. Un animale che ci insegna la virtù della pazienza, dell'attendere che le cose accadano senza forzare i tempi. Proprio come quando, in mezzo alle frenetiche modalità di fruizione "mordi e fuggi" alle quali le piattaforme di streaming ci hanno abituato, decidiamo di mettere sul piatto un disco e ascoltarlo dall'inizio alla fine.

Ma attenzione alle apparenze. Waiting for the Sloth è tutto fuorché un album flemmatico. Le undici tracce che compongono l'opera prima della band romana viaggiano come un treno a vapore in mezzo a sfaccettati groove di batteria, lisergici intrecci di chitarra e vertiginosi saliscendi in chiave di basso. 

Un pot-pourri equamente bilanciato tra rock strumentale à la Calibro 35 (Alan è a pranzo e La basita), psichedelia (Samia) e funk (Latte Pastorius), il tutto condito da continui interventi di flauto traverso che aggiungo un piacevole retrogusto di progressive jethrotulliano (Un passo del mulo Sangue nero della terra).

Waiting for the Sloth, grazie ai suoi ritmi tiratissimi e alla sua composizione rigorosamente strumentale, è un disco che sembra uscito dalla colonna sonora di un film poliziottesco la cui sceneggiatura è ancora nascosta in un cassetto a prendere polvere dagli anni '70. Un lavoro frutto dell'unione di intenti fra musicisti che alla sette note musicali (diesis e bemolle compresi) danno del "tu".

Undici brani capaci di rappresentare un ideale canovaccio per lunghe improvvisazioni e jam sul palco. Una dimensione, quella dal vivo, nella quale i Waiting for the Sloth hanno tutte le carte in regola per essere una piacevolissima scoperta.

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La recensione Waiting for the Sloth di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2025-03-19 23:41:43

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