Mi libero subito dell’urgenza: ho percepito i Tool fin sotto la pelle. Quindi subito ringrazio. Dopodichè mi meraviglio su quanto possa essere temerario ma superbo trasmettere con tale immediatezza la matrice della propria urgenza creativa, lasciando l’ascoltatore assolto dal confrontare l’impatto sonoro con modelli superiori. Sembra che i Qeta non temano la derivazione anzi, pare la usino come inclinazione naturale. Sono libera di poter passare oltre e godermi le indiscutibili qualità della band.
Innanzitutto la fase strumentale ricca di dialoghi dissonanti tra chitarre e pulsazioni di batteria e basso, riff ipnotici sempre sul punto di deflagrare, armonie che si inseguono nervosamente e risultano magniloquenti senza mai cadere nella ridondanza. Ogni dettaglio negli arrangiamenti è curato ed evidenzia tecnica e classe, ma non posso negare una sottolineatura di merito al lavoro delle chitarre che trasmettono inquietudine rabbiosa, incatenata e virata nel riflessivo che si fonde con rara armonia con la parte vocale. In questa architettura sonora si inseriscono liriche elucubrate e indagatrici, con metriche lunghissime e domina la voce con tonalità fin troppo precise e cristalline. L’unico appunto è sull’onnipresenza del cantato che, amplificato anche dalla ricchezza semantica dell’italiano, colma a volte forzatamente quei piccoli spazi dell’immaginazione rimasti sgombri dall’assedio strumentale. Resta una forte sensazione di coerenza tra nervi e melodia, tra disillusione e dolcezza tra contemplazione e potenza. E il sentore, caldo e necessario, del marasma sotto il lucido equilibrio. Cinque tracce intense che non mi bastano, semplicemente perché avrei voglia di ascoltarne ancora.
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La recensione Go owap di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2007-05-25 00:00:00
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