E’ da circa 4 anni che il sottoscritto riceve chili e chili di demo, cd-r, cassette, nastri e quant’altro, partoriti da tali e tanti soggetti che ricorrono all’autoproduzione. Come potrete intuire i ‘sussulti’ non sono all’ordine del giorno, anzi il più delle volte fatico a trovare 30’ per raccogliere le idee e recensire uno dei tanti lavori giunti sulla mia scrivania. Succede però a volte, rarissime volte, che ascolti i primi tentativi di gruppi come Julie’s Haircut, Cheap Wine, Lunaire, Volwo, Havana, Joe Leaman e pochi altri come loro, e ti accorgi subito che nel mondo ‘underground’ c’è, comunque, del vero fermento.
L’ultimo gruppo di questa serie sempre più corta - in proporzione alle decine e decine di demo ricevuti - risponde al nome di Salsedo, ensemble mantovano che è arrivato alle orecchie del sottoscritto in maniera alquanto casuale e comunque lontana dal classico ‘pacco postale’. A questo punto sarete curiosi di capire il motivo per cui il quartetto lombardo ha lasciato il segno: la risposta potrebbe essere fin troppo scontata se scrivessi che questi ragazzi hanno il dono dell’ispirazione che, ahimé, manca al 90% delle band che si professano indipendenti, senza per questo salvare quelle di area 'major'.
E bastano solo due brani per capire che i nostri hanno del talento: i 6’ de L’arte del mimetizzarsi sono un salto nel buio, una via di mezzo tra i Massimo Volume di "Lungo i bordi" e certe atmosfere che rimandano ai Joy Division - e comunque a tutto ciò che collochereste in un ipotetico genere ibridando la new-wave e il dark.
Come se non bastasse il pezzo a seguire (Parafrasato) vede la band alle prese con samples, chitarre e basso, tutta intenta a generare atmosfere che si collocano stavolta tra gli Alice In Chains e certi fraseggi che rimandano al noise-rock di ‘scuola italiana’ (chi ha orecchie per intendere, intenda). La mia descrizione rimane comunque limitativa, forse perché i due episodi del promo mi affascinano ogni volta che spingo play nel lettore cd e oltre alla musica mi concentro sugli splendidi testi (finalmente!) del cantante Paolo.
In attesa che ‘esplodano’, cominciate a chiedere in giro di loro; potrebbe darsi che un bel giorno ve li ritroverete come ‘cavalli di razza’ di una delle tante scuderie che provano a produrre rock ‘made in Italy’.
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La recensione Promo di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2000-06-14 00:00:00
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