Se la vita vi fa sbadigliare e cercate nuove vibrazioni per rompere la monotonia, ecco qualcosa che fa per voi. I Cuèr vengono da Trani (Bari) e hanno una line-up piuttosto inconsueta: basso-chitarra-batteria, nella migliore tradizione rock, e due voci come in una band di hip-hop.
La loro storia è simile a quella di molti altri gruppi: nascono nell'ottobre '98 come spin-off di un progetto musicale ormai tramontato, i Rivolta Urbana, con una prima formazione che comprende il cantante Nico Landriscina, il chitarrista Paki Esposito e Marco Porcelli, bassista e deus ex machina delle basi digitali. In seguito all’inserimento di Gianni Garofalo (controvoce) e Luca Pignone (batteria), i Cuèr raccolgono un pugno di brani e buttano giù un demo, cominciano il giro di concerti & festivals, partecipano alle selezioni di Rock Targato Italia, arrivano in finale (a proposito: in bocca al lupo!).
Il demo è costituito da quattro tracce ben articolate di solido rock italico che flirta con l’elettronica, una specie di bomba intelligente che rivela anche un notevole appeal radiofonico. La prima traccia, Stati d’ansia, esprime già in maniera compiuta le potenzialità del gruppo, con compatte strutture musicali dominate da riff rocciosi e felici intuizioni technologiche. Il brano successivo, Luci & suoni parte in sordina, per poi proseguire con evoluzioni rabbiose che non riescono comunque a frenare incontenibili impulsi alla melodia, in un oscillare continuo di atmosfere decadenti e inflessioni dal vago sapore industrial. La tensione aumenta ulteriormente in Frammenti, episodio psicotico e veloce che sfiora i territori del crossover, ideale anello di congiunzione di un circolo che si chiude con l’incedere marziale della traccia finale, Il clown.
Un complimento particolare a Nico Landriscina, autore di ottime liriche: “l’occhio accecato dall’ indifferenza che/ mi porta a essere insopportabile/ inevitabile la solitudine/ figlia di un puzzle che non porto a termine” (da “Stati d’ansia”). Per un’inspiegabile associazione di idee, questo cd mi fa venire in mente le ambientazioni di alcuni film indipendenti americani, storie di ordinaria rabbia in tristi periferie suburbane, anche se la band proviene da una di quelle cittadine che nelle guide turistiche vengono definite “ridenti”. Bah, che altro dire… “accattatevillo”!
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La recensione Cuér di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2000-07-04 00:00:00
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