Leggi il titolo, vedi il quadrupede cornuto in copertina e non sai cosa pensare. Se sei di fronte al cantautore impegnato che sogna un mondo diverso e possibile oppure al solito radicale che passa il tempo a predicare il ritorno alla natura. Poi inserisci il dischetto tra le fauci del lettore e tiri un sospiro di sollievo. Perché basta qualche secondo e ti accorgi in un attimo che Simone Lo Porto somiglia più che altro a un Vinicio Capossela senza caciara d’ordinanza, con arrangiamenti un pelino meno ambiziosi e un amore piuttosto evidente per il Sud America. “La valle dell’utopia” è tutto questo e forse qualcosa di più, un disco diluito in undici canzoni mediamente scanzonate e senza la pretesa di lanciare particolari messaggi di matrice sociale (anche se poi, alla fine, si parla anche di prigione, come in “Niente cambierà”). Certo, non ama prendersi sul serio Lo Porto, si diverte con il francese maccheronico di “Cartulen de Paris”, esalta i poteri taumaturgici dell’alcool se gli capita (“Il vino vien dall’uva”), ma poi non dimentica di esibire il proprio spessore con veri e propri gioiellini, come la raffinata “Fiume in salita” e lo strumentale che dà il titolo all’intero album. Il resto lo fanno i numerosi link con il samba (la ruffiana ma efficace “Il girasole”) e qualche accenno al cantautorato più o meno classico (“Niente cambierà” potrebbe appartenere al repertorio di Daniele Silvestri, “La pelle di un pollo onesto” a quello di Edoardo Bennato). Forse sarebbe stato meglio sfruttare meglio e un po’ di più la presenza di Stefano Iascone, tromba degli Aretuska, che avrebbe potuto dare all’intero disco qualche contributo in termini di imprevedibilità, limando un po’ quell’eccesso di manierismo che ogni tanto affiora, ma va bene così. “La valle dell’utopia” rimane un buon lavoro e se Simone Lo Porto non è un genio, l’impressione è che non sia nemmeno il primo fesso che si incontra lungo la strada.
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La recensione La valle dell'utopia di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2007-12-14 00:00:00
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