A volte anche in un disco la prima impressione puo' contribuire a migliorare il successivo ascolto e c'e' da dire che il digipack autoprodotto in casa dagli Homer si presenta davvero bene... se ci mettiamo che i ragazzi sanno anche suonare... ma... procediamo con ordine e diciamo che il trio chitarra-basso-batteria sembra ormai tornato in auge, tanto che i tre ragazzi pugliesi sono qui per presentare la loto interpretazione di tale formazione.
I suoni che emergono da questo quattro tracce si rifanno decisamente a un genere che in me provoca emozioni vissute con altre band, una su tutte i Tool, il cui spirito sembra guidare l'evolversi dei diciassette minuti del miniCD.
Ricreare atmosfere come quelle di Maynard e' una dote comune solo a dei musicisti capaci di vivere artisticamente le proprie inquietudini e gli Homer per lunghi tratti riescono a entrare in simbiosi con la loro fonte di ispirazione, agitando le composizioni con quella cupa e avvolgente aggressivita' tipica dei Tool.
Grazie a degli impulsi improvvisi, i brani si sollevano con una vitalita' sorprendente e anche nei momenti piu' decelerati e ossessivi, le note arrivano cariche di emotivita'.
Anche quando da l'impressione di dilatarsi su cadenze piu' ombrose, la musica degli Homer si rivela immersa in un ambiente che crea inquietudine, nel quale si agitano chitarre dense e graffianti, tempi divisi, impetuosi canti a due voci... una struttura imperiosa, che si poggia sulla capacita' di dare al suono un andamento confuso ma smussato dalla melodia...
Ci troviamo di fronte a un gioiello? Quasi... se non fosse per qualche riferimento di troppo ai Tool e per il cantato in inglese che alla fine tolgono qualche punto al lavoro nel suo insieme.
Un primascelta mancato di un soffio! Vanno seguiti!
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La recensione It comes from belly di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2000-09-14 00:00:00
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