Scrivere una recensione su un disco dei Bluvertigo senza farsi (troppo) condizionare negativamente dalla smisurata antipatia del loro leader, Morgan, è un' impresa che può dare risultati interessanti. "Metallo non Metallo" è un disco presuntuoso come il suo autore (Morgan ha scritto tutti i testi, quasi tutta la musica e prodotto l'album). Ma, benchè sia spesso eccessivo, scomposto e discontinuo, il disco si assume molti impegni, come pochissimi altri al giorno d'oggi, mantenendo molte delle sue promesse.
La scommessa principale che Morgan e compagni fanno, ne sono sicuro, è quella di fare "Arte" con la A maiuscola. C'è una bella differenza, infatti, tra questo disco e la grande maggioranza delle produzioni italiane attuali (che non sono quasi mai arte, ma mero intrattenimento di consumo). I Bluvertigo non inseguono nessuna tendenza, non copiano nessun "sound" attuale, nessun genere. Molto più preoccupati di crearsi un proprio genere, Morgan e compagni studiano da band di culto, intessendo complessi tessuti sonori in cui colorazioni elettroniche vivaci e moderne si sposano a linee di basso di sapore anni'70 (accompagnate da parti di batteria che sono forse la cosa più vicina ad un certo tipo di pop odierno), in un impasto di chitarre potenti (Metallo non metallo...) su cui si adagiano le voci di Morgan e Andy (di stampo "depechemodiano" , ma con un gusto per la pronuncia che è tipicamente italiano e ricorda i cantanti dei migliori anni 70).
Sembrerebbe, insomma, che dal mio punto di vista la scommessa artistica sia vinta, ma non è del tutto così. Lo dico chiaro: amo questo disco, ma non è arte. I tessuti sonori e la ricerca dei colori di cui è fatto questo (molto variopinto) quadro musicale sono il campo in cui l'opera è meglio riuscita (memorabile, da questo punto di vista "cieli neri", con il sottofondo di piano elettrico e chitarra con tremolo su cui Mauro Pagani disegna linee di flauto crimsoniane), ma rimangono dei difetti laddove l'impasto sonoro non riesce a diventare un vero e proprio amalgama e rimane allo stadio di "composizione" di (tanti) strumenti e linee diversi. Le divagazioni armoniche di Morgan sono interessanti, ma lasciano l'amaro in bocca quando si comprende che costituiscono più un divertissement o un esercizio di snobismo intellettuale, e non un vero e proprio terreno fertile su cui far crescere canzoni (si pensi a "fuori dal tempo", in cui la parte finale, del tutto troncata dalla versione radio-televisiva è una specie di "protuberanza colta" ad una canzone 'carina', ma molto meno "valida"). Ma anche qui, bisogna riconoscerlo, c'è una distanza abissale con le migliaia di produzioni italiane (e non) di vomitevole conservativismo che vengono sfornate quotidianamente, costruite da decenni sulle stesse idee musicali.
Dove, a mio parere, il disco crolla quasi interamente è sui testi. Ora, oggigiorno non importa più a nessuno cosa viene detto nelle canzoni, ma io ho dei gusti un po' retro, e soprattutto credo che, dato che Morgan & c. puntano in alto, sia giusto notare quando in alto non arrivano. Insomma, sarà che non riesco a fare a meno di immaginare l' espressione convinta e priva di dubbi con cui Morgan canta (ed appare in TV), ma queste canzoni dall'egocentrismo strabordante proprio non mi vanno giù. Ce ne sono alcune che ritengo veramente orride "Il mio malditesta", "oggi hai parlato troppo", "le arti dei miscugli", "l'eremita", "vertigoblu": filosofia spicciola, intellettualismi sterili (che mi hanno fatto venire in mente che il sottotitolo del disco dovrebbe essere "ho fatto il liceo e si sente"), lezioni di vita e presunzione a borsate, condite da uno stile che si vorrebbe eclettico, e riesce ad essere solo caotico. Morgan scrive testi come se avesse una storia lunghissima alle spalle, che gli permetta di riempire un sostanziale vuoto di significati con il gioco verbale, il trucchetto (assonanze, richiami interni,...), l'ammiccamento bizzarro. Insomma, forse Morgan si prende alla lettera (nelle "arti dei miscugli" sentenzia discutibilmente che "in ogni opera d'arte che si rispetti come minimo c'è tutto: tutto è tutto, quindi anche brutto), ma secondo me vale la pena cambiare direzione... Mi piacciono di più canzoni e frammenti di canzoni più intimisti (ancora "cieli neri", o "ideaplatonica", che nonostante un paio di secchionate all'interno è la canzone del disco che preferisco), gli spunti elegiaci (come in parti di "ebbrezza totale") o la cupezza di "troppe emozioni". Paradossalmente i testi più riusciti sono forse il famoso testo dei tre giorni o "altre forme di vita" in cui, per un istante, Morgan sembra prendersi meno sul serio... Peccato, perchè di spunti la musica ne dà molti,soprattutto permetterebbe uno slancio lirico ben maggiore, e più efficace. Infine: il booklet del disco si apre con la seguente frase: "i tre tempi dell'avventura del cuore: dapprima l'immediatezza ottusamente paga della realtà, ossia l'infanzia aproblematica, poi l'inquietante scoperta intellettuale della diversità e del dissidio con le cose, ovvero la perdita dell'adolescenza e infine il recupero di una spontanea armonia e di una nuova, ritrovata immediatezza". Parrebbe una linea di svolgimento, una struttura degli argomenti del disco. Chi riesca a ritrovarne il filo nei testi mi informi.
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La recensione Metallo Non Metallo di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 1998-02-20 00:00:00
COMMENTI (6)
Mi trovo d'accordo su questa recensione , il disco non è un capolavoro ma non è male , le idee ci sono , Castoldi la dava a bere a tanti compreso me visto che ho comprato il disco: sui testi cercare di capirli è come tradurre i testi pop inglesi sono piu rime e assonanze musicali che veri significati . ma l'ho riascoltato quindi incuriosisce ma il suono a volte sembra quello di un demo da scantinato . Se si ascolta ZERO sembrano dischi di 2 gruppi e decenni differenti . Se fossi la Sony proporrei una versione remixata e rimasterizzata di Metallo per sistemare i mille errori "tecnici" . Metallo è divertente ma si sente male; ZERO è perfetto tecnicamente e sembra un album fatto nel 2022 ma troppo lungo con almeno 4 riempitivi . Una piacevole meteora che ha lasciato come strascico un personaggio televisivo che è la parodia del genio incompreso e che Orson Welles non è mai stato .
per quanto adori questo album trovo la recensione assolutamente calzante
Ciao Davide, a distanza si chissà quanti anni dalla stesura mi trovo a leggere la tua recensione. Devo dire che da assoluto fan dei Bluvertigo mi hai dato elementi interessantissimi per riguardare e rivoltare l’opera. Complimenti per la recensione, ha aggiunto molte cose alle mie certezze. Chi la critica non coglie, ad esempio, che colloca implicitamente i Bluvertigo e il disco in una posizione ambiziosissima nella scala dell’arte, ma a quel punto analizzandone aspetti di imperfezione che emergono nel confronto con l’assolutamente grande. Trovo personalmente, dopo anni e anni di ascolto e affinamento della mia sensibilità musicale, che tu abbia colto lungo lo svolgersi di questo disco, la venatura di “immaturità artistica” costretta dall’esibizionismo narcisistico del suo creatore, che è allo stesso tempo imprescindibile momento genetico del tutto nonchè fattore auto-limitante. Da Morgan a Morgan passando per i Bluvertigo, che vanno (o meglio, sarebbero potuti andare) ben oltre Morgan (o forse no?). In ogni caso, resta intoccato il mio giudizio complessivo su di loro, giudizio che mi sembra di scorgere riflesso anche nella tua recensione: stiamo parlando di un fenomeno musicale che si staglia nettamente e consapevolmente nel panorama musicale italiano delle ultime 3 decadi e non solo, resistendo al tempo e alle mode. Se non è arte, che cosa è? Marco
Recensione imbarazzante. Spero te lo abbiano detto.
"Il Nucleo" io l'avrei volentieri eliminata...
Capolavoro indiscusso!
Ideaplatonica, Fuori dal Tempo ed Il Nucleo sono brani eccezionali!