Volendo cavarsela con pigrizia, si potrebbe semplicemente dire che i Babalot sono bravi, maturi -anche se suscettibili di ulteriori miglioramenti -, che fanno canzoni belle e brevi e che si collocano in quella ‘scuola romana’ identificabile con i nomi dei primi Tiromancino, del Max Gazzè ironico e sfrontato o del Daniele Silvestri più rock e poeticamente ispirato.
Ma sarebbe ingeneroso non soffermarsi almeno un po’ ad approfondire il discorso. I Babalot posseggono la qualità più importante per un gruppo che decida di fare musica (pop) senza rinunciare alla profondità e al senso della proposta: hanno diverse cose da dire e sanno come farlo, con una autenticità che si percepisce forte. Un’ironia amara, una malinconia simpatica e mai deprimente, un’arguta ricerca del paradosso linguistico mai fine a sé stesso pervadono i testi straniati e a tratti assolutamente emozionanti, con guizzi invero notevoli.
Ma i Babalot hanno dalla loro anche la capacità di realizzare musica in cui gli arrangiamenti, sempre curati e ben supportati da un’elettronica accattivante, siano però sempre in funzione di una piacevolezza, di una orecchiabilità, di una cantabilità dei brani che non è mai artificiosa, ma scaturisce da una naturale propensione all’essenzialità.
Basterebbe un brano come “La mantide”, quasi new-wave nell’andamento della strofa e dal ritornello disperato e memorabile, o come la struggente “Schifo” che rimanda, forse volutamente, agli episodi più riflessivi di Rino Gaetano, per dare un giudizio più che positivo al disco. Ma il fatto è che di brani davvero interessanti, che si ascoltano e si riascoltano volentieri, nel disco ce ne sono diversi altri (per citarne solo due: “Panca bestia”, filastrocca obliqua che potrebbe diventare il classico tormentone radiofonico, e “Una cosa sola” che, per contenuti e stile, colpisce al cuore).
Poco altro da dire: giudizio pienamente positivo e l’auspicio delle migliori fortune. Un disco da non perdere, per chi ha amato i cantautori storici ma ascolta il rock, per chi sa scavalcare schemi preconcetti e generi, per chi non ha paura del pop sensato ed emozionante.
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La recensione Che succede quando uno muore di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2003-04-04 00:00:00
COMMENTI (9)
Sempre piacevole. :)
bbastianu!!
ciao mi chiamo oratio..l'altro giorno mentre lavoravo al pub tra un piatto e l'altro nello stereo girava "free four" de pink floyd e mi son detto "cazzo ma è uguale alla canzone di babalot"..quindi se li vuoi citare in giudizio..:)
ti ascolto spesso e aspetto nuove canzoncine...se ti va di venire ad ascoltare le mie ho un disco in uscita per MALINTENTI..
siciliano anch'io!!!...salutamu!
dgdg
Non vedo l'ora di ascoltarlo! Qualcuno sa già come sarà? Io lo comprerò sicuramente a scatola chiusa. dopo il capolavoro precedente.
secondo me si...
e più bello.
ho comprato dopplegangher (non mi pare si scriva cosi') che sembra essere il secondo di babalot. però contiene 2-3 pezzi di baba e altri 3-4 di altri artisti di aiuola e no.
belli i pezzi nuovi (specie quello sul mestiere di cantante) ma mi aspettavo di piu'... insomma non e' un vero e proprio disco nuovo, ma un assaggio...
ottimo disco.
ma arriverà mai il secondo?
disco meraviglioso
a quando il secondo?
letteralmente conquistato da questo disco.
un po' caciarone, un po' poeta, un po' malandato, pop intelligente e accattivante anche se dal vivo non sembra...