Andrea ChimentiVietato morire2004 - Rock

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Vi piace Morgan? Adorate Cristina Donà? Credete che i loro maestri siano da ricercarsi esclusivamente in guru siciliani e batteristi di macchine soffici? Sbagliate tutto. Perché dimenticate il toscano Andrea Chimenti, leader dei Moda negli anni 80, stretto da un’affinità elettiva tale con David Sylvian dei Japan da diventarne amico e scriverci un pezzo insieme (“Ti ho aspettato” da “L’albero pazzo”, anno domini 1998). Chimenti, pur sfornando ottimi dischi, si era un po’ perso per strada, allontanandosi progressivamente dalla canzone pop – raffinatissima e di classe, s’intende, un vero prodotto artistico – per musicare poeti e poemi d’altri tempi (“Cantico dei cantici”, 1998; “Il porto sepolto”, 2002), dimenticandosi del poeta vivo e vero che è lui stesso.

Ben venga quindi questo cd, che segna il ritorno alla forma più alta di pop da parte di Chimenti, che scrive l’album insieme col fido Massimo Fantoni e al recente acquisto (dal 2002) Matteo Buzzanca (già arrangiatore di “Piccoli fragilissimi film” di Paolo Benvegnù e collaboratore di Patrizia Laquidara), colui che l’ha convinto a rimettersi a scrivere canzoni, di quelle vere. È un album nato in nove mesi di sessions a Montepulciano, Arezzo: e il parto ci consegna quello che probabilmente sarà ricordato come uno dei uno dei più bei dischi del 2004. Che contiene dodici canzoni, preziose come miniature preraffaellite, intense, ma comunicative e pop, tanto da trovare forma perfetta ed equilibrio stabile.

Il titolo stesso allude a una ritrovata voglia di vivere, tutt’altro che aliena dalla riflessione e a tratti dalla malinconia: in generale qui c’è una disponibilità e una apertura alla vita da tempo lontane dai dischi di Chimenti. E lo stesso autore toscano spiega così il titolo nelle note stampa che accompagnano il disco, con due riferimenti: uno a una mosca che batte sul vetro della finestra, cercando di uscire e che lui libera, l’ultimo giorno di lavorazione del disco; l’altro a un dipinto di Ivan Kramskoj, tra citato tra le fonti di ispirazione di questo disco (http://www.rollins.edu/Foreign_Lang/Russian/krams.jpg). In entrambi i casi, “oggi qui è vietato morire”.

Disco splendido, questo, che si fa ascoltare e riascoltare, emozionando per l’intensità della scrittura e meravigliando per la qualità degli arrangiamenti, in grado di sottolineare al meglio l’andamento dei testi. In mezzo a brani profondamente meditativi (come “La cattiva amante” o “Prima della cenere”), a volte memori della lezione di Sylvian, spiccano come fiori al risveglio della primavera altri decisamente più pop, come “Oceano” (bellissimi gli interventi della Laquidara alla voce e di Fabio Fecchio dei metallari Ephel Duath al basso) e soprattutto “Limpido”, tramata da stupendi archi che vengono giù dritti dritti dalla lezione di “I’m the Walrus” dei Beatles. A volte, come nella strumentale ghost track, affiorano echi di Tori Amos, specie nel languido sgocciolare del piano. Ed è questa la direzione, un mirabile equilibrio di profondità e leggerezza, in cui si spera Chimenti si indirizzi definitivamente.

Disco imperdibile. E sicuramente chi ama il Bowie di “Hunky Dory” e "Hours", il Lou Reed di “Transformer” e “Berlin”, il David Sylvian di “Brilliant trees”, i Divine Comedy di “A short album about love” non può farselo sfuggire.

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La recensione Vietato morire di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2004-11-08 00:00:00

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