Il deserto passa per l’America. Entra nelle viscere dell’alt-country, ribolle dentro il post e alla fine arriva giù dalle parti di Modena, meglio a Bologna. Lentezza, quasi genetica. Chitarre, quasi sature. Occhi celesti, piantati verso il cielo. Nessun timore di sembrare d’un altro paese: di fronte alla musica siamo tutti uguali. Benvenuto in questo deserto. Ti presento i Franklin Delano.
Chiariamoci subito. Franklin non è roba da tutti. Franklin è per chi ha tempo, voglia, predisposizione. L’effetto è quello tipico dello stupore, l’ascolto regala la sensazione di una talentuosa compostezza. Cerca di capire, la folk music che c’è dentro questo disco non è l’etno-trendy bollita che si è soliti pensare. Nessuna tarantella. Qui dopo gli arpeggi di acustica arrivano i feedback, e allora sono minuti di muro sinfonico. L’opera non è originale in senso assoluto ma è personale in tutti i sensi: unisce il country blues di matrice americana al pop, lo brucia con i rumori, lo scarna fino a renderlo larvale e poi lo ricostruisce. Improvvisando.
Capiamoci bene. I nomi sono i soliti. Okkervil River, Red red meat, Califone. La differenza è che i Califone, in questo disco, suonano. Non è la solita girandola di paragoni. I missaggi di questo disco li ha fatti un certo Brian Deck, già produttore dei Tortoise oltre che membro dei Califone. Non è la solita marchetta alla Steve Albini (comunque massimo rispetto). Tutto ciò influisce. Le chitarre vibrano paurosamente, gonfie, vivide, bellissime. Il suono è eccezionale, al solito ben condotto in cabina di regia da Giacomo Fiorenza e Francesco Donadello, Homesleep Studios. Ma quello che più colpisce sono le canzoni. E qui i nomi non contano.
Dopo l’esordio autoprodotto, i Franklin Delano hanno trovato la quadratura del cerchio. Hanno limato le cose inutili, hanno raddrizzato la struttura dei pezzi, hanno saputo costruire contrappunti vocali ed elettroacustici, hanno creato uno spazio rumoroso e minimale fra il silenzio e l’esplosione. Non tutte le canzoni sono allo stesso livello, ma non ce n’è una brutta e quelle belle sono bellissime. Ora capisci? Toccare il pop. Toccare il country. Toccare il blues. Dentro questo triangolo coniugare al presente la parola post. Voce del Verbo: Melodia. Prima persona singolare: Io installo la melodia dentro i rumori della mia chitarra. È un verbo lungo, ci si può sbagliare. Chi non sbaglia è perché ha studiato troppo. A lui la tarantella, a noi una pistola fumante dritta al volto.
---
La recensione Like a smoking gun in front of me di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2005-02-08 00:00:00
COMMENTI