Da Al Bano a Caparezza, dai Negramaro a Diodato: questa regione ha sempre prodotto carriere di primissimo piano. Ma, cosa più importante, non smette di proporre nomi nuovi, in ogni genere e generazione. Ve ne raccontiamo alcuni
Al Bano e Caparezza. Alessandra Amoroso ed Emma Marrone. Anna Oxa e Domenico Modugno. Diodato e i Negramaro. Se volessimo elencare tutti gli artisti nati in questa regione che hanno fatto la storia della "musica leggera" (qualunque cosa voglia dire) italiana non finiremmo più. Ma, soprattutto, avrebbe poco senso. Perché grandi talenti possono nascere ovunque (quasi ovunque, meglio), ma la cosa più importante, al di là di queste punte di diamante, è coltivare un sistema che trovi sempre nuovi interpreti, che sappia rigenerarsi.
Da queste parti questo avviene, ed è anche merito del lavoro che fa Puglia Sounds e di un provvedimento come il Bando Record che dà una mano a tanti artisti con le proprie pubblicazioni. Coinvolte ci sono realtà di ogni tipo, ragazze, ragazzi e collettivi nati nei 258 comuni pugliesi e che qui vivono o magari ora si sono stabiliti altrove (ma certe radici sono davvero forti, e gli "expat pugliesi" ne sono la prova).
Di questi nomi, quelli che provengono dal basso e si sbattono ogni giorno per trovare una strada nella musica questa terra è piena. Non sono rari i casi in cui riescono a raggiungere un livello notevole già da giovani, come dimostrano gli showcase "locali" che arricchiscono ogni edizione di Medimex. Provengono da tutti gli ambienti e i generi, dal rap (lo vediamo in un altro capitolo) così come dal soul o l'RnB, flirtano con le musiche tradizionali e la world music (come ampiamente raccontato nei primi due capitoli), sperimentano con l'elettronica. E poi il rock, che sta trovando un prospetto giovanissimo e super interessante nei baresi Red Room, già citati da Cesare Veronico.
Ci sono i Violent Scenes: sono una band barese che mette assieme post rock, elettronica, così come accenni di dream pop e shoegaze. Suonano, e bene. Ci sono i vari progetti di Carmine Tundo e quelli della bravissima Matilde Davoli, i Moustache Prawn da Fasano con il loro alternative rock che a sua volta ha generato altri percorsi interessanti, come la carriera solista di Gigante. Gli Acquasumarte, una fusion che guarda alla canzone italiana di qualità, e poi TRRMA', avanguardia in bilico tra jazz e suoni della strada. E ancora una cantautrice come Melga e Rosita Brucoli, oppure Meschino. I Guatemala, nati a Taranto nel 2018.
C'è Lucia Manca, una che è brava per davvero e non da ieri. Viene da Lecce. Ha sviluppato in questi anni uno stile tutto suo, in cui mette assieme dream pop e tradizione italiana, ogni sua canzone sembra la colonna sonora di un film. E infatti, ad esempio, Guadagnino l'ha voluta con sé.
Potremmo andare avanti all'infinito. Anzi forse dovremmo, perché di sicuro stiamo dimenticando più che qualcuno. Facciamo preventivamente ammenda. Nell'impossibilità di essere esaustivi, l'unica cosa che conta è il fermento. Quello c'è, ed è tanto. Abbiamo chiesto di raccontarsi a cinque artisti pugliesi che, nell'accezione più larga possibile, possono essere inseriti nel grande calderone del pop (e rock).
Dove nasci? Luoghi e persone chiave della tua formazione?
Sono nata a Lecce e i luoghi della mia terra hanno sicuramente avuto molta influenza su di me, più che nella mia musica (dove è difficile trovare tracce di musica tradizionale salentina), nel mio approccio alla vita e all’arte in generale. Oltre ai luoghi, anche le persone con cui sono cresciuta umanamente e musicalmente fanno di me quel che sono fino a oggi. Prima di studiare musica ho avuto tanti amici (tutti super musicisti) con cui ho iniziato a suonare e fare jam che mi hanno portata sulla strada della creatività, del fare musica in maniera estemporanea, in particolare Emanuele Perrone, Anoir Benhadjamara, Alex Adilardi, Samuel Mele. Cosí ho cominciato presto a scrivere e a vedere la musica come mezzo di espressione.
Come descrivi la tua musica?
Sul piano del contenuto direi molto personale, nel senso che c’è sempre una parte di me in quello che scrivo ma non chiudo mai fuori l’ascoltatore, credo di trattare le tematiche in maniera universale e sempre interpretabile, quando alla gente arriva quello che dici è perché risuona con
la loro esperienza individuale. Sul piano musicale sicuramente le influenze predominanti sono quelle Hip Hop, Neo Soul, RnB ed elettronica ma gli ascolti che mi hanno formata e continuano a formarmi comprendono anche il Jazz, il cantautorato italiano/americano, world music, rock… mi piace tanta roba.
Che peculiarità ha il sound pugliese in Italia e nel mondo?
Diciamo che la scena musicale pugliese si distingue nell’ambito della musica tradizionale, come si distinguono tutti i territori che hanno la propria cultura musicale. A portare sotto i rilfettori un territorio sono sicuramente gli artisti e in Puglia ci sono molti artisti che hanno portato la nostra tradizione musicale nel mondo. Uscendo dal repertorio folkloristico e spostandoci sul repertorio pop ( che comprende RnB, Hip Hop, Jazz, rock ecc…) la scena di artisti pugliesi ha ‘sfornato’ tanta musica di qualità e secondo me è lo specchio di una spiccata capacità (che non hanno solo gli artsiti pugliesi), di interiorizzare questi generi musicali che finsicono per appartenere anche a noi. Mi rende molto fiera sentire che c’è tanta originalità nella nostra scena ed è bello attirare l’attenzione sulla nostra terra attraverso la musica.
La Puglia è davvero piena di artisti pazzeschi. Quali ti piacciono di più?
Ne cito un po’, ahime non possono essere tutti quanti: Filippo Bubbico, Carolina Bubbico, Cristiana Verardo, Manufunk, Chiara Corallo, Altea, Samuel Mele, Wepro, Kid Yugi, Mundial, Serena Brancale, Inude, Vipra, Erica Mou, Rachele Andrioli, Redi Hasa, Maria Mazzotta ecc….
Cosa significa essere una band in Puglia oggi?
Crediamo che in questo periodo la geografia sia abbastanza relativa, però la Puglia negli ultimi anni è stata un palcoscenico molto in vista. Grandi nomi, concerti e festival importanti hanno attirato l'attenzione sulla scena locale che, per il nostro parere, è molto interessante. Fare parte di questa scena è un motivo di orgoglio, nonché una possibilità di entrare in rete con altre realtà simili e non. I vantaggi nel nostro caso sono stati molti, a cominciare dalle molte iniziative a livello regionale in favore dell'arte e dello spettacolo. Gli svantaggi sono simili al resto d'Italia. Dipende sempre dal tipo di musica che si vuole proporre. Nel nostro caso ci sentiamo abbastanza svincolati dalle tendenze del momento.
Qual è il segreto per resistere a lungo come band?
Si resiste sicuramente per la passione e l'amore per la propria musica innanzitutto, poi anche dedicandosi ad altri aspetti della vita che riescano a fornire i mezzi di sussistenza e finanziamento per questa bellissima attività.
Artisti pugliesi preferiti?
Oltre a Dischi Uappissimi, ci sono tante realtà musicali che ci piacciono e con le quali c'è continua interazione come i Violent Scenes e la loro Sac Recordings, Stain, Define Chris, Matilde Davoli, Tony Fasanella e Giuseppe Pascucci e tantissimi altri.
Live che più vi è rimasto nel cuore?
Decisamente il concerto dei Liars all’Arci Tresset 37 di Giovinazzo, crediamo corresse l’anno 2008. Eravamo letteralmente dei ragazzini e quando abbiamo scoperto che in un paesino di mare a pochi chilometri da casa avrebbe suonato la band che più ci faceva impazzire, ci siamo sentiti davvero al centro del mondo. Concerto che però è durato molto poco dato che Angus Andrew a un certo punto ha fatto volare la sua chitarra nel pubblico, che è poi atterrata sulla testa di una povera ragazza.
Dove sei nato?
Sono nato e cresciuto a Carbonara, un quartiere nella periferia di Bari. Come in tutti i posti del mondo, crescere musicalmente in questa terra ha i suoi aspetti positivi e negativi. Io personalmente mi ritengo fortunato perché ho avuto la possibilità di studiare musica e vivere esperienze musicali diverse tra loro, dalla musica classica alla musica urban, e soprattutto di aver vissuto la Puglia negli ultimi dieci anni, diventata ormai un palcoscenico internazionale. Al tempo stesso faccio parte di quella generazione di musicisti pugliesi che ha vissuto una transizione, quindi determinate informazioni dagli addetti ai lavori sono arrivate dopo mille esperienze non proprio positive. Sicuramente siamo cresciuti con un’attitudine diversa e meno pronta rispetto ai musicisti di posti come Milano o Roma, ma personalmente preferisco vederla come una caratteristica.
Come definisci la tua musica?
Vado con parole sparse: istinto, malinconia, pigrizia, sogni, contadini urbani, rabbia, rassegnazione, fame, festa, adriatico, ambizione, 878Km, pianto, contrapposizione, tre ruote, occhi aperti, mediterraneo, a na ruota, calma.
Artisti pugliesi preferiti?
Secondo me è difficile delineare delle scene in Puglia, in quanto è sempre tutto di passaggio. Ci sono dei periodi in cui si creano dei movimenti che però nel tempo si disperdono. Una delle poche scene da sempre attiva è quella portata avanti da Antonio Conte con Dischi Uappissimi e tutte le realtà che gravitano attorno. La lista dei miei artisti preferiti in Puglia è infinita, ma nelle ultime settimane ho ascoltato Lauryyn, WISM, Loraaxis e ovviamente gli Inude che però ascolto tutto l’anno. Sono nomi abbastanza lontani dalla musica che faccio, ma in genere sono fan dei progetti più che dei generi musicali.
Come avviene la tua formazione musicale?
Nasco a Tricase, un paesino del basso Salento. Il paese ti cresce con la fame e la rabbia di non avere opportunità di fare molto viste le poche possibilità che il paese ti dà. Quella fame mi è sempre rimasta e continuo a fare le cose con la stessa energia di una volta.
Come definisci il tuo suono?
La mia musica è davvero eclettica, mi piace passare da un genere all’altro senza limiti e mi viene spesso difficile definirla. Penso sia questa la nuova concezione di rock. Avere la libertà di esprimersi senza barriere di genere e viaggiare attraverso le cose con personalità e attitudine.
Cosa ti piace del suono della tua regione?
Penso che il Sud di pathos ne abbia da vendere, ho spesso riscontrato che tutti gli Artisti pugliesi hanno questa forte componente emotiva davvero molto molto potente e quasi esasperata nella loro musica. A me piace tantissimo.
Quali sono gli artisti pugliesi che stimi?
Il Maestro Cesare Dell’anna è uno degli artisti Pugliesi che stimo e ammiro davvero tantissimo. Oltre ad essere un trombettista fantastico, percepisco in lui un senso artistico davvero profondo e raffinato. È raro trovare persone con un animo del genere. Lo ammiro tantissimo e spero di collaborare con lui in futuro.
Come arrivi alla musica?
Musica e canzoni sono sempre state mie grandi passioni che ho coltivato parallelamente agli studi universitari e alla professione. Da bambino ho studiato privatamente il violoncello e il pianoforte. Negli anni del liceo ho formato il mio primo gruppo in cui suonavo entrambi gli strumenti. Nei primi anni universitari, insieme al mio amico Piero D’Aprile, che tutt’oggi collabora con me, ho avviato il mio primo progetto propriamente cantautorale (OOVOO). Nello stesso periodo ho iniziato anche a suonare nel collettivo Noci Ensemble col quale continuiamo a incontrarci ad esibirci saltuariamente. Anche gli anni del BucoBum Festival hanno rappresentato un passaggio fondamentale nella mia formazione artistica. Ma al di là degli studi e delle esperienze musicali, io penso che per scrivere canzoni ci sia bisogno innanzitutto di esplorare a fondo se stessi e di interrogare criticamente il proprio tempo.
Che caratteristiche ha il cantautorato pugliese?
Parto dalla premessa che definire il cantautorato è operazione complessa di per sé, specialmente oggi, perché questo termine tende a perdere progressivamente significato. Mi fa pensare a qualcosa il cui valore va affievolendosi. Diciamoci la verità, nell’immaginario contemporaneo, specialmente tra i più giovani, essere definiti cantautori “puri” corrisponde a una sorta di confinamento, perché il termine evoca qualcosa di datato, musicalmente povero e scontato, spesso noioso. Oggi l’unico cantautorato pienamente rispettato – e spesso giustamente venerato – rimane quello della stagione gloriosa e irripetibile degli anni ’70 e dintorni, con poche altre eccezioni. Tuttavia, sono fermamente convinto che la canzone d’autore sia ancora viva e stia assumendo nuove forme, forse proprio nel tentativo di sottrarsi al paragone con la sua età d’oro. La difficoltà più grande che vedo è quella di saper riconoscere le buone canzoni e i bravi cantautori e di dare loro i giusti spazi per esprimersi e farsi conoscere. Questo è il punto centrale a mio avviso.
Di chi è la responsabilità?
Non è la canzone ad essere in crisi, ma è il mondo che le sta attorno ad essere incapace di riconoscerla e farla emergere anche nelle sue forme meno convenzionali e più ricercate. In zona Cesarini, per tentare di rispondere alla domanda, il trait d’union del cantautorato pugliese potrebbe essere, come accade da sempre in questa terra aperta agli altri e accogliente, la predisposizione alla contaminazione. Forse è proprio questo aspetto a rendere così varie le proposte musicali della nostra regione.
Quali sono i tuoi maestri?
Maestri sono per me i grandi cantautori del passato che hanno avuto una grande influenza sul mio modo di concepire la canzone. Tuttavia, senza andare troppo indietro nel tempo, per la Puglia penso che nomi come Angelo Ruggiero, Luca Basso (Funambolici Vargas, Fabularasa), Nabil Salameh (Al Darawish, Radiodervish), Daniele Di Maglie, Amerigo Verardi, Lorenzo Amoruso (Chiaroscuro) possano essere considerati, per ragioni diverse, importanti figure di riferimento.