Go Dugong, spiriti da Sud

Go Dugong, spiriti da Sud

Spirito e materia, terra e cosmo, arcaico e moderno, la propria terra e il mondo intero. Con la sua musica – proprio come la Puglia – Go Dugong riesce a far convivere queste tensioni contrapposte, come dimostrano album come "TNRT" e "Meridies", in cui evoca la sua città, Taranto

GO DUGONG
TARANTISMO

Il percorso di Giulio Fonseca aka Go Dugong nella musica italiana è qualcosa di raro e prezioso. Nato a Taranto, dove è cresciuto e dove ancora oggi vive la sua famiglia, è un produttore, DJ e musicista. Sperimentatore del suono e ricercatore instancabile, porta avanti numerosi progetti molto diversi tra loro: molto bello il disco "psichedelico" che di recente ha firmato con un altro moniker, Gianpace, allo stesso tempo è fondatore di progetti come Balera Favela e mille altri. È un artigiano dei suoni elettronici, nelle sue tracce si mischiano i ritmi del mondo, convivono strumenti analogici, registrazioni dal vivo, campioni, lingue di ogni tipo. C'è la musica tropicale, la passione per l'afrobeat e gli altri suoni del continente, il richiamo al rap pionieristico e alla club culture. 

L'evoluzione del suo stile non ha sosta, la costante è la ricerca di un energia quasi ancestrale. E il richiamo a tradizioni e musiche popolari che, inevitabilmente, lo riportano spesso alla "casa madre". Di recente Go Dugong ha così firmato il remix di Amoreamaro di Maria Mazzotta, leggenda della musica salentina che incontreremo più avanti in questo capitolo. Nel 2019 ha pubblicato l'ep TRNT, composto da quattro pezzi che rivisitano in chiave moderna la magia della tarantella.

La sua musica è un ponte tra l’arcaico magico e il moderno razionale, lo sciamanesimo e la psichedelia contemporanea, la terra d’origine e l’orizzonte globale

Nel 2021 è la volta di Meridies, un disco interamente dedicato alle sue origini, a Taranto, città di incontro e apertura al mondo. Un album che rappresenta riflessione sull’alterità, sul rapporto tra essere umano, interiorità e ignoto, spirito e materia, terra e cosmo. Un ponte tra l’arcaico magico e il moderno razionale, lo sciamanesimo e la psichedelia contemporanea, la terra d’origine e l’orizzonte globale, l’elettronica e la declinazione più umana del suono.

Per questo motivo Go Dugong rappresenta il miglior "testimonial" possibile del nuovo suono pugliese, che proprio su queste "tensioni incrociate" si fonda e si riempie di meraviglia. E per questo abbiamo deciso di fare una chiacchierata con lui.

 

Go Dugong, nella foto di Giulia Barcaro
Go Dugong, nella foto di Giulia Barcaro

Cos'è Taranto per te?

A Taranto ci sono nato e ho vissuto lì i primi 10 anni della mia vita. Poi mi sono trasferito con mia madre e mio fratello a Piacenza. La situazione famigliare diciamo che non era delle più rosee e questo ha influenzato tanto il ricordo che ho dei luoghi in cui ho vissuto. Erano anche gli anni ’80/inizi ’90, anni affascinanti visti con gli occhi del presente, ma anche terrificanti per quelli di un bambino dell’epoca (il diffondersi dell’eroina, dell’aids, delle pubblicità progresso che erano quasi dei film horror). Mettici anche che a Taranto erano gli anni dell’ascesa in politica e sulle emittenti televisive locali di Giancarlo Cito – imprenditore, politico e sindaco di Taranto dei primi anni ’90 che si è distinto per il suo estremismo di destra, alcune iniziative clamorose come la traversata a nuoto del Golfo di Taranto contro l’inquinamento marino, e anche per legami con la malavita locale… su questo personaggio controverso ci sarebbe tanto da dire ma non è la sede giusta questa –, le cui gesta e parole restituivano alla città un aura strana. Mettici le bombe degli attentati e i regolamenti di conti della malavita organizzata. Mettici l’ILVA e tutto l’inquinamento generato da questo colosso mortale per il quale lavorava mezza città. Insomma i ricordi relativi alla mia infanzia non sono proprio positivi.

A un certo punto, però, cambiano. O per lo meno, la tua scelta di dedicare un disco a Taranto sembrerebbe indicare questo.

C’è stata una seconda fase. Ho frequentato Taranto anche tanto durante la mia adolescenza e in quel periodo è stato molto bello. Mi avvicinai all’hip hop a 14 anni grazie ai graffiti (ho fatto graffiti dal 1995 al 2011 più o meno, abbastanza assiduamente) e tramite Aelle (storico magazine hip hop italiano), mi misi in contatto con un gruppo di ragazzi di Taranto che aveva le mie stesse passioni e gusti. Con loro ho vissuto tantissime belle avventure, il nostro ritrovo era in Piazza Della Vittoria. In quel luogo i writers si scambiavano disegni, tag e book fotografici, i ballerini di breakdance si allenavano e gli MC si sfidavano in freestyle. Belle serate, festival, concerti mi hanno fatto innamorare nuovamente della mia terra. Man mano che diventavo più grande avevo più libertà e ho girato la Puglia in lungo e in largo prendendo contatti con writers delle varie città. Le estati che passavo a Taranto (per obblighi famigliari) si svolgevano in questo modo e devo dire che mi sono divertito parecchio in quegli anni. D’estate Taranto e dintorni diventava anche la “casa vacanze” di tutta quella scena hip hop bolognese che tanto mi piaceva (Sangue Misto, Messaggeri della Dopa, Cammelli e giro Livello 57) e quindi ogni sera c’era un soundsystem in spiaggia o una jam o un concerto. Ho dei bellissimi ricordi di un festival dalle parti di Ostuni, se non ricordo male, che si chiamava Gusto Dopa Al Sole. Diventato maggiorenne e quindi esente da “obblighi famigliari” l’estate ho cominciato a viaggiare per il mondo e ho perso piano piano il contatto con la mia città natale e anche il gruppo di amici che avevo lì si è un po’ disgregato.

'Mia madre e brutalismo architettonico'
'Mia madre e brutalismo architettonico'

Com'è la situazione musicale ora nella tua città?

Quello che so, da quello che mi arriva seguendo dall’esterno quello che succede in città, è che negli ultimi anni è presente un bel fermento culturale: sono nate etichette indipendenti, c’è tanta musica sperimentale bella, sono aperti posti nuovi dove ospitare dj set e concerti… Insomma ho percepito una sorta di rinascita della città rispetto alle ultime volte che l’ho vissuta tanti anni fa. Dal canto mio, Taranto è una delle poche città in Italia dove non ho mai suonato. Assurdo no? :)

'Mia nonna fisarmonicista'
'Mia nonna fisarmonicista'

Perché è entrata in maniera così "prepotente" nella tua produzione?

Ho cominciato a interessarmi della musica tradizionale pugliese dal momento in cui mi sono reso conto che conoscevo meglio la musica folk di altre culture rispetto a quella del posto in cui sono nato. Da lì è cominciata una ricerca anche molto intima, personale e familiare che è stata quasi terapeutica per molti punti di vista.

Qual è la scoperta più sorprendente che hai fatto studiando le tradizioni della tua terra e le sue musiche?

Mi ha molto affascinato lo stato di trance ai quali i ritmi della pizzica inducevano e il modo in cui riusciva ad esorcizzare i tarantolati (ovvero quelle persone che si credeva fossero state morse dalla tarantola), come se fossero stati posseduti da qualche demone. In realtà, visto che nelle campagne salentine non esisteva nessun ragno in grado di provocare tali effetti col suo morso, visto che la maggior parte dei tarantolati erano donne, viene da pensare che questa isteria fosse in realtà dovuta all'oppressione socio-culturale delle donne nel Sud Italia all'interno di una società patriarcale e maschilista. Il morso della tarantola era davvero un capro espiatorio, usato per giustificare ciò che in quel momento storico conveniva non capire. Esorcizzare le proprie tendenze isteriche e la negatività con la musica: continuiamo comunque a farlo, dalle campagne ai club delle nostre città. Sono convinto che sia uno dei bisogni primari dell’essere umano, l’esigenza di un momento per liberarsi, anche solo temporaneamente, da tutti quei pesi che la società contemporanea ci impone.

La processione dei misteri a Taranto, nella foto di Gianluca Santoro
La processione dei misteri a Taranto, nella foto di Gianluca Santoro

So dello scrittore Omar di Monopoli, ci sono altri autori locali che ti hanno influenzato nella ricerca? 

Omar Di Monopoli l’ho scoperto grazie a Time Zones, di Bari che mi invitò insieme all’attore pugliese Ippolito Chiarella a mettere in scena una spettacolo tratto dal suo libro Nella Perfida Terra di Dio. È stata una bellissima esperienza. Appena finito di leggere quel libro, che è un romanzo noir ambientato in Puglia, ho capito di essere la persona giusta per creare la colonna sonora di quell’immaginario, fatto di storie di malavita, affari loschi, traffico di droga e rifiuti tossici in una veste da “western pugliese”. Con Ippolito sono bastate un paio di prove per trovare il feeling giusto e siamo andati in scena. Sono stato molto influenzato anche dai saggi di Ernesto Di Martino, antropologo non pugliese ma che ha scritto molto sulle tradizioni rituali e magiche di questa terra.

Quali sono gli artisti pugliesi che maggiormente apprezzi?

Populous, oltre ad essere un suo fan è anche un caro amico (penso che ci conosciamo da quasi 20 anni). Mi piace molto la musica e l’estetica degli Inude. Stimo molto il lavoro di Donato Epiro e la label Canti Magnetici. Ho avuto modo di fare qualche collaborazione con l’artista visiva Alessia Rollo, la cui estetica si sposa molto bene con la musica di Meridies. E mi piace il lavoro dell’artista di Grottaglie Angelo Milano e del suo StudioCromie, con il quale ho collaborato per la realizzazione del videoclip di Randagio assieme a Giacomo Laser.

La processione dei misteri a Taranto, nella foto di Gianluca Santoro
La processione dei misteri a Taranto, nella foto di Gianluca Santoro

In che direzione ti pare stia andando il "suono pugliese?

La mia percezione è che abbia conservato bene le sue tradizioni e il suono, ma ormai, avendo per ovvie ragioni perso quel carattere esoterico e spirituale legato anche alla terra, sia incentrato soprattutto sulla “conservazione” e sul lato “folkloristico” e di “entertainment”. Questo nell’ambito “mainstream”. Nell’underground, invece, si stanno muovendo un po’ di cose, ci sono artisti che stanno rielaborando le tradizioni apportando contaminazioni e restituendo a certi suoni o pratiche artistiche significati più profondi capaci di acquistare un senso anche nel mondo contemporaneo. Cito l’ottimo lavoro di Marco Malasomma e Jime Ghirlandi, Futuro Arcaico, che hanno realizzato un archivio digitale di artisti che si sono interrogati sull’identità territoriale, mediante nuove forme di linguaggio. 

Taranto scattata da Walter Donegà
Taranto scattata da Walter Donegà

Ognuno ne dà una propria definizione, cos'è la world music per te?

Non ho mai capito che cosa si intenda per “world music” sinceramente. Perchè, per caso conosciamo musica che non è stata creata in questo mondo? Magari! :D A parte gli scherzi credo che con “world music” si intenda semplicemente quel macrogenere che racchiude la musica tradizionale di ogni singolo Paese e cultura di questo mondo. Io credo sia più corretto parlare di musica “folk”. Ogni Paese, ogni cultura ha la sua tradizione musicale e credo che ogni tradizione debba essere trattata a se, senza finire nel calderone della “world music”.

Elettronica e musica popolare, dove trovi il punto d'incontro tu?

In molti Paesi e molte culture, specie in Africa e Sud America, esiste da sempre questo processo di rielaborazione contemporanea attraverso nuovi mezzi e linguaggi di ritmiche e melodie tradizionali (vedi cumbiatronica, kuduro). È bello che la stessa cosa stia avvenendo in Italia, molti artisti stanno facendo lo stesso identico processo. È molto stimolante perché senti di star facendo qualcosa che fa parte di te e delle tue radici veramente. 

Taranto scattata da Walter Donegà
Taranto scattata da Walter Donegà

fascetta credits puglia
A cura di Dario Falcini Testi: Dario Falcini, Vittorio Comand Grafiche: Giulia Cortinovis Sviluppo: Giulio Pons, Alex Carsetti